Le operazioni di maquillage appartengono alla tradizione politica italiana da sempre: restano nella storia le colonne di cartone finto romane disseminate nel 1936 dagli scenografi mussoliniani lungo il percorso della visita di Hitler, così come i teloni scenografici che Berlusconi usò per nascondere le facciate fatiscenti dei palazzi genovesi durante il G8 o i pudici veli messi dai renziani ai nudi del museo capitolino durante la visita del presidente iraniano Rohani avvenuta a gennaio di quest’anno.
Molto più modesto l’intervento effettuato dal comune di Torino che se l’è cavata dando di recente una rinfresca di giallo in varie tonalità sulle pareti esterne dell’ex fabbrica Diatto, cancellando, non si sa quanto inconsapevolmente, la storica scritta della fabbrica in modo da approntare già anche visivamente lo spazio con le insegne dei prossimi concessionari. Un bel soggetto per le fotografie da apporre on line al cartello CONCEDESI e un bel vedere (la città più bella come suggeriscono imbonitori slogan elettorali) da via Frejus, ma ai residenti non sfugge la realtà di un cantiere abbandonato e incompleto. Un cantiere con un enorme sterrato (che passa da polveroso a fangoso), un enorme buco su un lato e con gli edifici dalle facciate imbiancate di fresco, ma che a mala pena si reggono in piedi puntellate dall’interno. L’unica cosa che ci aiutano a visualizzare queste pitture sono le aree ancora da abbattere della nostra storica fabbrica: per ora sono ancora lì scrostate sotto la pioggia
Vogliamo vederci chiaro, non ci faremo abbagliare da un po’ di vernice brillante: per questo abbiamo nuovamente scritto all’Arpa per sapere se veramente le operazioni di bonifica sono state completate come prevedeva l’originale piano dei lavori, nell’aprile 2016 oppure sono state rinvenute altre sostanze nocive in corso d’opera.
Fassino nel programma elettorale ricorda che proseguirà la riqualificazione di borgo San Paolo: non sappiamo se sarà lui di nuovo sindaco, ma sappiamo che noi continueremo a batterci perché l’area della Diatto torni a disposizione dei cittadini e di proprietà pubblica.
Qui la nostra lettera all’arpa