Ieri sera in via Revello 3 si è tenuto l’incontro pubblico con l’assessore Passoni sulla bonifica e sul futuro dell’area abitata per 19 anni dal Gabrio.
Se l’incontro ha permesso da un lato di chiarire alcuni passaggi utili a bonificare l’area, dall’altro non è bastato a dare risposte a chi, come noi, desidera veder migliorare la qualità della vita del quartiere.
Pensiamo che non si possa parlare di via Revello 3 senza considerare quel che si affaccia sull’altro lato della strada, l’area ex Diatto, o credere magari che si tratti di un’altra città quando si parla di ex Whestinghouse.
Da questa visione così parziale di un quartiere non possono che derivare risposte evasive come quelle fornite ieri sera da Passoni.
Così quando gli veniva detto che non si voleva che l’area del Gabrio diventasse un giardino “pensato per far aumentare di valore gli alloggi che si vogliono costruire nell’area ex Diatto” lui rispondeva che “se sarà un giardino non sarà una pertinenza di quei palazzi, ma sarà per tutto il quartiere”, facendo finta di ignorare che tutto il quartiere continuerà a non avere quegli spazi di socialità, cultura, aggregazione ed assistenza che sono sottratti proprio alla destinazione originaria dell’ex Diatto.
Allo stesso modo quando si è fatto notare che la destinazione di via Revello (a quanto si è capito ieri, dunque, probabilmente area verde) non può essere una compensazione per il danno che causerebbe la realizzazione del progetto Diatto così come ipotizzato ora, l’assessore ha voluto precisare che “l’area ex Diatto non è mai stata destinata ad area verde”. Aldilà del fatto che ciò non è vero, perchè fino al 2007 una parte di quella superficie aveva proprio questa destinazione, di nuovo l’assessore ha eluso la questione delle carenze e dei bisogni del quartiere.
Tra un’evasione ed un non-sense, le uniche parole precise dedicate da Passoni alle questioni aperte dal nostro comitato, sono servite a parlare di “una ferita evidentemente ancora aperta” e di una vicenda in cui “si è perso” nella relazione con i cittadini.
Per noi che abitiamo qui la ferita rimarrà per forza di cose aperta, perché l’abbattimento della Diatto, oltre ad essere un danno irrimediabile per la storia, l’identità e la cultura dell’intera città, è la storia di una speculazione in atto che toglie spazi necessari ed irrinunciabili alla vita della comunità che abita in Cenisia – San Paolo.
Forse per illudersi di poter facilmente ricucire questa ferita, l’assessore, parlando di progetti pilota di tavoli di coordinamento, di estrazioni fortunate alla roulette della democrazia deluxe, ha paventato l’ipotesi che il nostro quartiere sia uno dei due che potrà sperimentare nuove forme di coinvolgimento della cittadinanza, senza aver ben chiarito quando o come.
Alla fine, tra incomprensioni vere e simulate, l’unico impegno che l’assessore si è preso è stato quello a garantire a comitati di cittadini l’accesso al cantiere per poter verificare l’andamento della bonifica; purtroppo però questo impegno è stato immediatamente smentito dall’architetto Sardi, dirigente del servizio edifici municipali del comune di Torino, che ha sottolineato come consentire questo accesso ad un cantiere per la rimozione di amianto risulterebbe di una complessità non gestibile.
Insomma, ieri sera l’assessore non ha preso impegni, se non quello di “metterci la faccia”, ad ognuno scegliere se interpretare la frase come una promessa o come una minaccia.
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